Le maree, ovvero quel perenne movimento che porta il livello del mare ad alzarsi e abbassarsi per effetto della forza di attrazione esercitata sulle masse d’acqua dalla luna e dal sole, ci forniscono un’immagine che ben si presta a restituire quel pulsare e quell’incessante movimento vitale presente nelle opere di Mariuccia Roccotelli così come nella sua vita.
La biografia dell’artista è complessa e interessante quanto la sua produzione artistica. É stata nutrita a latte e arte, avendo messo i primi passi nella vita all’interno dell’atelier paterno, inciampando tra pennelli, tele, cavalletti, coloratissimi barattoli di vernice.
Per emanciparsi dall’eredità artistica paterna e definire un suo singolare e personalissimo linguaggio, lascia la natia Minervino Murge e si trasferisce a Milano, città dove tuttora vive, insegna e dipinge. Qui ha frequentato l’Accademia di Brera, diplomandosi in scenografia. Giovanissima viene incaricata dalla RAI di realizzare le scenografie di Topo Gigio e in seguito lavorerà nello stesso settore per il gruppo Mediaset.
Il viaggio di formazione intrapreso dal sud al nord del Bel Paese non è il solo da lei compiuto per favorire la sua crescita professionale, ve n’è un altro che l’ha portata, poco più che trentenne, dall’Italia verso il sud del mondo, oltre il Mediterraneo, prima in Eritrea e poi in Etiopia. Ad Asmara e ad Addis Abeba è stata coinvolta in progetti didattici presso la scuola italiana e iniziative espositive presso l’Ambasciata Italiana in Eritrea. Nel compiere queste attività didattiche, come spesso succede ai docenti appassionati come lei, il processo formativo non si è limitato a essere unidirezionale ma si è trasformato in un proficuo scambio a doppio senso che ha implicato un arricchimento non solo dei discenti ma anche della docente, la quale in queste città ha collezionato suggestioni e riflessioni che ancora oggi costituiscono una fonte di ispirazione nella sua produzione, come si intuisce chiaramente nel grande tondo “Dea migrante”, omaggio alla città portuale eritrea di Massaua. In Africa Mariuccia Roccotelli ha dovuto confrontarsi con la carestia e sperimentare l’uso di materiali poveri, di recupero. Ha inoltre scoperto l’esistenza di un mondo sommerso, la sua bellezza e la sua vitalità, e ha cercato con la sua arte di far riemerge dal fondo queste specificità.
Ma nel sud del mondo ha soprattutto intuito la vocazione sociale della sua attività artistica, vocazione che, rientrata in patria, si è rafforzata con la decisione – coraggiosa e scomodissima – di accettare l’insegnamento delle discipline artistiche all’interno dell’Istituto penitenziario minorile “Cesare Beccaria” di Milano. In un luogo per definizione intriso di disperazione, solitudine, disagio sociale, silenzio, nostalgia, Mariuccia ogni giorno fa entrare l’arte e con essa non l’illusione ma la speranza di libertà e rinascita!
In questo suo fluire inquieto, dinamico e incassante la nostra artista, come le maree, ora sommerge ora disvela mondi, traghettando l’osservatore in vortici, linee morbide e sinuose, che nella loro eleganza ricordano le belle curve dell’art nouveau. Queste sagome sensuali, tradendo un’astrazione solo apparente, rimandano spesso alle forme avvolgenti della figura femminile, ai suoi capelli, i suoi seni, il suo ventre generatore di vita.
E non è un caso che alla donna Mariuccia Roccotelli associ il colore blu che richiama immediatamente all’acqua, al mare, al cielo, alla vita, alla pioggia, alla purezza, tutti elementi che rievocano l’idea di nutrimento. Mentre il colore rosso si identifica con la componente maschile, della quale esprime la forza, il fuoco, la guerra, la passione, l’energia ma anche l’amore. Le due cromie accostate possono risultare dissonanti ma anche generare un’unione dinamica e forte, come emerge da alcune delle opere. Al blu e al rosso l’artista affianca talvolta il bianco, proponendoci una rivisitazione della tradizionale terna dei colori mariani, quasi a voler celebrare una santità laica della donna contemporanea.
Le tele di Roccotelli non sono solo composte da pigmenti di colore. Sui suoi quadri, proprio come avviene quando il mare si ritira, troviamo tracce, materiali residuali, quali chicchi di caffe, sabbia, increspature di carta di riso ritagliata con abilità sartoriali, paglia, juta, grumi di colla, merletti, uccelli e pesci di carta, elementi che assegnano alle opere una natura polimaterica e un senso di profondità che nega la bidimensionalità della tela.
Vi è un’opera in particolare che trovo eloquente per comprendere l’arte di Mariuccia. È “Il ponte”, un dipinto dominato dal colore blu, declinato in varie tonalità e restituito con materiali “altri”. L’opera ha un formato tondo, abbastanza inusuale nell’arte ma molto adoperato dalla nostra artista. Nella storia dell’arte rinascimentale il tondo era di solito il formato proposto per i dipinti commissionati come doni, spesso di nozze, destinati a essere appesi nelle camere da letto, e quindi riservati a una fruizione più intima e privata, come nel caso del michelangiolesco Tondo Doni o della Madonna del Magnificat di Botticelli.
Anche il tondo “Il ponte” può essere interpretato come un dono che la nostra artista riserva all’osservatore con grande generosità. È l’immagine di un ponte, ottenuto con i mattoncini Lego, che si rivela a noi in tutta la sua fragilità, proprio come le costruzioni giocattolo. Questo ponte ha un fortissimo significato simbolico. È un ponte che metaforicamente unisce, ricuce strappi, annulla vuoti, avvicina lontananze. È uno dei tanti ponti che Roccotelli con la sua arte ha idealmente gettato tra l’Italia e l’Africa, valicando il Mare Nostrum, quel Mediterraneo che ha messo in collegamento tra loro le prime civiltà nella storia dell’umanità ma le ha anche viste dichiararsi guerra. Quel Mediterraneo che ancora oggi può regalare la salvezza ma anche negare la speranza di una vita migliore. È un ponte tra il fuori e il dentro, tra chi è libero e chi libero non è. È un ponte che unisce il blu e il rosso, la donna e l’uomo, il visibile e l’invisibile. È un ponte tra ciò che le maree ora sommergono ora fanno riaffiorare.
Stefania Suma